Lagorosso

Le discariche: un semplice buco nel terreno o opere tecnologicamente avanzate?

Il mondo delle discariche è da sempre circondato da pregiudizio; in realtà non è semplicemente “un buco nel terreno riempito di spazzatura e coperto da un tappo!” ma è contraddistinto da ben precise competenze ingegneristiche e da complesse fasi operative. 

Le discariche sono opere che, se realizzate con criterio, sono totalmente sicure e decisamente interessanti dal punto di vista ingegneristico. 

Lago Rosso è impegnata nella realizzazione di discariche (intese proprio come bacini impermeabilizzati) e coperture di discariche (capping) dal 2010 per lo più in Lombardia e Trentino-Alto Adige. 

Le discariche sono strettamente intrecciate all’ambiente, pertanto è fondamentale partire da una previsione progettuale molto dettagliata: la realizzazione deve essere fedele a quanto progettato e la precisione deve essere centimetrica. 

Le macchine operatrici sono dotate di strumentazione 3D GPS ed il progetto viene caricato direttamente sul loro computer di bordo.

Questo è utilissimo in quanto le discariche, spesso, hanno forme particolari; quindi, realizzarle è tutt’altro che facile e bisogna fare in modo che i mezzi realizzino l’opera in modo autonomo e più preciso possibile. 

Le discariche hanno scarpate ripide, quindi se le macchine non avessero una strumentazione per realizzare il progetto in autonomia, sarebbe necessario disporre di operatori che, sui pendii, picchettino l’area e costruiscano “modine”, come si faceva anni fa. Le tecnologie 3D GPS aiutano sia a contenere i tempi sia a massimizzare la sicurezza degli operai a terra. 

Le principali fasi di realizzazione di una discarica possono essere generalmente così suddivise:

Si parte dallo scavo della buca, estesa in genere più di un campo da calcio e con una profondità di 20-25 m e dalle forme particolari, con curve da realizzare in scarpata. L’escavatore, partendo dal piano campagna, deve scavare scendendo con precisione assoluta. Non sono ammessi errori. 

Segue l’impermeabilizzazione che costituirà l’involucro in cui saranno racchiusi i rifiuti.

Si posa dell’argilla sul fondo e sulle scarpate, una fase delicatissima, concettualmente semplice, ma che tecnicamente necessita di perizia sia da parte dell’operatore che del progettista (stesa, bagnatura o asciugatura dell’inerte, rullatura con rulli a piede di montone e lisci ed altri importanti accorgimenti). 

Si procede poi con la posa del primo pacchetto di geosintetici (telo geocomposito bentonitico, telo in polietilene, geotessile di protezione dal punzonamento), materiali tutti verificati e sottoposti a prove di resistenza in laboratori specializzati. 

Si continua poi con la stesa di mezzo metro di sabbia su tutto il fondo ed un secondo pacchetto di geosintetici su fondo e scarpate.

Infine, uno strato di drenaggio formato da ghiaietto che ha il compito di raccogliere il percolato proveniente dai rifiuti; tra strato drenante e rifiuti talvolta viene posato un geotessile separatore, per evitare che il ghiaietto si possa intasare.

Ogni strato prevede il collaudo finale da parte dell’agenzia regionale per l’ambiente ARPA. 

All’interno degli strati viene posata tutta la rete tecnologica e di drenaggio e di recupero del percolato prodotto dai rifiuti. 

Anche qualora tutti i teli si dovessero danneggiare nel corso del tempo, la barriera impermeabile in argilla, se ben realizzata, impedisce al percolato di raggiungere le falde sotterranee per oltre mille anni!

La digitalizzazione del progetto conferisce forma tridimensionale all’opera che viene trasferita all’escavatore e alla lama; l’operatore sa dove deve scavare e a che profondità seguendo il computer di bordo. Il compito dell’operatore è comunque sempre fondamentale in quanto deve leggere e interpretare il progetto al meglio ed essere molto preciso nell’uso dei mezzi.